Antonii Baryshevskyi, dall’Ucraina all’Italia

Figlio di prete ortodosso e una psicologa, Antonii Baryshevksyi è uno dei giovani interpreti più interessanti e particolari sul panorama internazionale. Nato a Kiev nel 1988, il suo talento è stato riconosciuto da molti concorsi, tra cui il Premio Jaen in Spagna, il Busoni a Bolzano e infine il Rubinstein di Tel Aviv, successi che gli hanno aperto le porte di una carriera internazionale con numerosi concerti anche in Italia, ma sempre molto legata alla sua Ucraina, in cui vive e a cui è legato anche professionale. Dal 2012 ad oggi, infatti, è solista della Filarmonica Nazionale Ucraina. Baryshevskyi si esibirà per il Festival Cristofori a Padova il 22 settembre e il giorno successivo ad Adria, in un programma con Chopin, Lyatoshinskij, Stravinskij e Moussorgskij. Più informazioni sul sito del Festival.

Secondo premio al Buoni di Bolzano, Primo premio al Rubinstein di Tel Aviv, come si è costruito poi il tuo percorso?

Non è semplice costruire una carriera. Quest’anno ho inciso due CD, uno con orchestra, uno con coro, e ho spesso concerti in Germania, Italia, molti in Ucraina ovviamente. Ma non posso certo affermare che la mia sia una carriera stellare, nei massimi circuiti. I concorsi ti danno una chance, ma non ti danno alcuna garanzia.

Sei noto per il tuo gusto per gli autori meno conosciuti e la musica contemporanea. Perché hai scelto di approfondire ed esplorare questi repertori?

Perché è comunque musica! È davvero strano che si divida la musica tra “classica” e “contemporanea”. Il vero fattore principale è se quel brano sia interessante o meno, se quell’arte ti parli personalmente e intimamente. Per questa ragione amo molto autori come Beethoven, Schumann, Skrjabin, Ustvolskaja e sono interessato alla musica di Cage, Stockhausen, Furrer, Sciarrino, giusto per fare degli esempi. Ma devo ammettere di non sentirmi vicino a Schubert, Boulez, Liszt, Glass e, ho paura a dirlo, Mozart…

 

 

Al Festival Cristofori eseguirai i Preludi op. 44 e due dei Riflessi op. 15 di Boris Lyatoshinskij. Si tratta di un autore praticamente sconosciuto in Italia. Quali sono le sue caratteristiche? E perché hai deciso di suonarlo?

Lyatoshinskij è stato uno dei grandi fondatori della scuola di composizione in Ucraina, specialmente a Kiev. Negli anni ’20 è arrivato a scrivere come un appassionato modernista, con un enorme pathos espressionista. Più avanti si rivolse invece ad uno stile meno moderno, ma sviluppò il suo personale linguaggio tardo-romantico, con l’uso di melodismi popolari ucraini. E questo è esattamente il motivo per cui lo presenterò in questo programma!

Il focus del Festival, infatti, è il rapporto tra compositori e canto popolare. Ritieni che i compositori slavi, come quelli che eseguirai, abbiano una relazione speciale con la loro tradizione musicale?

C’è una famosa citazione da Glinka che recita: «Il popolo crea e noi, compositori, ci limitiamo a trascrivere». Questa per molti anni è stata una linea generale per i compositori russi, specialmente per il grande “kutchka”, anche noto come il Gruppo dei Cinque composto da Moussorgskij, Borodin e gli altri. Più tardi sarebbe stato centrale anche per Čajkovskij, Stravinskij e Rachmaninov in Russia e Lysenko e Lyatoshinskij in Ucraina. Era anche una delle idee principali del cosiddetto “realismo socialista” nell’Unione Sovietica: la musica doveva avere qualche connessione con le persone semplici, persino i contadini dovevano poterla comprendere. Ma la vera musica popolare slava non ha nulla a che vedere con gli arrangiamenti sovietici di canti popolari. La grandezza di un autore come Stravinskij, poi, è che quando il principio di costruire melodie popolari con brevi motivi gli diventò assolutamente naturale, iniziò a scrivere qualcosa di completamente nuovo, come se fosse già stato creato, come se provenisse da una tradizione. E così raggiunse un ulteriore livello di questo rapporto con la musica popolare.

Fonte  Quinte Parallele